Che poi quando torni a Roma e parli dell Australia sembri un supereroe.

“Ao ma è vero che devi partì già col lavoro!?”
“A zì ma è vero che servono diecimila euro? Io nun c ho manco i sordi per caffè”
“A cì io ‘n parlo manco italiano dici che va bbbene lo stesso?!”
Sei qualcuno che ha fatto qualcosa di impensabile. Sei stato fuori dal Grande Raccordo Anulare per più di 3 settimane e la gente inizia a credere davvero che fuori dalla città piu magnifica del mondo ci sia la civiltà.
Io Roma, la Città Eterna, non la volevo lascià, manco pe du minuti.
Che è l unica cosa che all’ estero mi faceva gonfià il petto “io so de Roma”.
Come fai a voler abbandonare il tramonto che muore dietro al Colosseo e che rende il marmo del Altare della Patria di un colore arancione splendente, quasi come se il sole non volesse andarsene e cercasse di raggiungere gli ultimi angoli di una Piazza Venezia magica, dove la storia d Italia s intreccia con la cultura che viene portata da milioni di turisti che attraversano Via del Corso in cerca della fontana più incredibile del mondo?

Io mentre scrivo sono arrabbiato e amareggiato.
Perché ogni volta che scrivo o parlo di Roma mia, me viè un magone allo stomaco e l’ occhi me se gonfiano.
Roma m’ ha dato la famiglia, gli amici di una vita che ormai sono fratelli e quel dialetto che non da mai fastidio.
L’ Australia mi ha dato la possibilità di mettermi alla prova e credere nella meritocrazia, crescere come uomo e soprattutto come professionista.
A 23 anni lascio l università a 7 esami dalla laurea e inizio la mia esperienza nell industria della ristorazione. Mai scelta fu più sbagliata per quanto riguarda l “opinioni publica italiana”!
Già, perché se decidi di fare il barista o il cameriere in Italia è perché non vuoi studiare, sei una persona senza futuro che non ha alcuna aspirazione, un fallito e un perdente.
E credetemi se vi dico, che mi hanno incollato addosso quegli aggettivi per tutta la vita.
Ero stanco.
Ero arrabbiato.
Nel 2013 salgo su un aereo direzione Sydney con una valigia di nove chili, nessuna idea di dove avrei dormito e soprattutto…
….NEANCHE UNA PAROLA DI INGLESE!!!
A mettermi su quel aereo è stato un sentimento di rivincita e vendetta.
Io che non ero mai uscito dal Raccordo Anulare…che forse c’avevano tutti ragione che ero un fallito.
A mettermi su quel aereo è stata mia nonna, che sul letto malata, davanti a mio padre e ai miei zii che continuavano a darmi contro per la mia scelta era l unica che ci credeva…
“Bello de nonna, nun fa lo stronzo che non parti, ma nun fa’ manco er cojone, che li le cose so diverse”.
Romana trasteverina mia nonna, con la quinta elementare ma er core grosso come i palmi delle mani. Non dovevo mai parlare con lei che tanto già aveva capito tutto.
Lei mi ha messo su quel aereo, anche se non mi ci ha mai visto salire…
I primi 3 mesi australiani sono un incubo, zero inglese e pochissimi amici. E per non sentirmi disperatamente solo, vivevo agli orari italiani. Andavo a dormire alle 7 di mattina per svegliarmi alle 2 di pomeriggio.
Resto a Sydney per otto mesi. Mesi importanti in cui capisco che il romano non è una lingua internazionale e che fuori Roma non trovi nessuno paninaro che prende le melanzane co le mani sporche di grasso alle 4 di mattina.
Torno a Roma con un curricula internazionale, quel poco di inglese che, in Italia, nel mio settore era già tantissimo e la sensazione che da quel momento in poi, la mia Roma, mi sarebbe stata stretta.

Rimango a Roma a capire cosa dovevo fare del mio futuro per un anno e mezzo. E in questo anno e mezzo conosco quella che ora è mia moglie.
L Italia mi ha spinto nel modo sbagliato ad essere quello che ero: arrabbiato, cattivo e nervoso, mentre l Austrailia mi ha dato le possibilità di esprimermi e di crescere in questi cinque anni senza il peso del pregiudizio e del giudizio di quello che è un mestire che amo.
Vivo a Sydney da Cinque anni e la cosa più incredibile che questa città mi ha dato è la consapevolezza di me stesso.
Nonostante lo stress di rincorrere un Visto permanente, la tristezza di non avere gli amici di una vita vicino, il rammarico degli anni che ho buttato rimanendo “immobile” in una città che ora odio, ma che nomino sempre con quell orgoglio che solo chi è romano può capire.
Nonostante questi CINQUE anni ci abbiano portato via alcune cose combattendo mille difficoltà che la vita da immigrato ti presenta.
Nonostante tutto, dopo cinque anni, ho realizzato che l unica persona da compiacere è la stessa che vedo nello specchio ogni giorno e che la persona che vedo ogni mattina accanto a me quando mi sveglio è il motivo per il quale nessuna lotta sarà mai troppo dura da essere combattuta.
Noi non saremo mai stanchi perché lotteremo insieme.

Quello che leggerete sono i nostri sbagli e le nostre sconfitte ma anche le nostre avventure memorabili e le nostre vittorie.
Leggerete di me e di Alessandra mentre cerchiamo la strada giusta per rimanere in questo paese.
Leggerete di un romano verace che non è emigrato… i romani non emigrano mai… vanno solo a controllare le loro colonie!!
Mi chiamo Lorenzo… ma se mi chiamate “a zì, a cì, dottò, avvocà, a bello”…
…mi giro uguale!!!